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[Tofana II, 24/09/1917, ore 00:34]

Andrea rimase lì, prono, col grugno a pochi passi dal terreno sgrullato dalle bombe di tre anni di guerra e, mentre la sentinella andava muovendosi sott’al plenilunio, non poté che aver da pensare a tutte le genti che c’erano morte, su quella terra. Emilio di Lanusei, che faceva di cognome Cabiddu Uselli, a dirla tutta, ma tutti lo chiamavano “di Lanusei” perché laggiù in quel borgo dimenticato del centro Sardegna ci aveva avuto i natali e ci stava sepolto pure, coi genitori in lacrime. Lentamente il bandito, che era soldato ma si sentiva ancora brigante, infilò la mano nel fodero di cuoio che andava portando alla cintura e cacciò un sorriso cattivo mentre quell’altro povero diavolo pochi metri sotto non aveva ad accorgersi di nulla e se ne stava lì beato come uno stoccafisso con la sigaretta tra le dita. Sotto al plenilunio Andrea poteva strisciare nella fanghiglia senza che avessero a notarlo, i crucchi; ma con la pioggia si disse che era meglio, giacché non v’era pericolo di farsi tradire da una falce di luce chiara. Fece scivolare il manico della lunga daga tra le dita affusolate che secondo molti erano da chirurgo ma che si sentiva più da macellaio in quel momento, pregustando l’odore dell’incursione mentre andava carponi. Si diede la spinta coi piedi e lo scatto elastico lo fiondò in dentro la fossa nel silenzio più totale: stare a far ciance poteva significare allertare i nemici, la vittima isolata poteva accorgersene e cacciare un grido ai compagni suoi che accorrevano come mosche a spolparsi la carcassa, o poteva scioglier le briglie alla lotta per contendersi l’arma e poteva partire un colpo, o rivolgere il coltello contro il suo malcapitato aggressore o…comunque, era meglio se di urla non se ne cacciavano. L’agguato non era l’assalto in cui, secondo Andrea, un mucchio di cretini guidati dai caporali ancora più cretini si prendevano “l’onore” di saltar fuori dalla trincea in sulla terra di nessuno e a svuotarsi i polmoni al grido di “avanti Savoia!”. Nell’agguato non si iniziava a correre incontro alla mitragliatrice per farsi bucherellare nel tentativo di stare a far a gara tra chi riusciva a farsi vedere meglio per accattonarsi le grazie di questo o quello tenente che se ne gioiva dal lato bello della trincea, cioè quello in cui si stava relativamente protetti dal fuoco nemico. Ce li avrebbe voluti vedere loro, Andrea, all’assalto alla baionetta: il re, i principi e pure il fottuto Cadorna che saltavano la nel fango contro l’artiglieria erano un pensiero gaio per quell’ardito che, se avesse creduto in Iddio, di certo l’avrebbe ringraziato di averlo fatto brigante dapprima e ardito dappoi. Non avesse fatto il bandito laggiù in Sardegna sarebbe finito come quei disgraziati della baionetta che si lanciavano contro le mitraglie. Invece ebbe a scivolar giù dal lato della trincea con la grazia d’un gatto mentre quel povero sciagurato si voltava, atterrò in piedi e si lanciò avanti di tutta forza piantandogli il coltello tra le carni. Glie lo cacciò in di poco sopra la spalla e fece lo sgambetto al disgraziato che, sanza capir un ghello di quanto gli accadeva si trovò sbilanciato all’indietro e con le spalle sul terreno, il corpo esile ma forte di Andrea che lo teneva inchiodato nel fango, una sua manaccia sporca in su la bocca. Mentre scendeva con l’arma verso il basso, e via scalfendo la clavicola il bandito sentiva gli spasmi dei muscoli che si contraevano in un ultimo sforzo disperato. Quel crucco spinse in avanti la mano in su del suo volto cercandone l’occhio onde fargli del male perché avesse ad allentare la presa a tal punto da consentirgli di chiamare i rinforzi, ma tant’era l’adrenalina in le sue vene ch’egli non lo poté sentir nemmeno. Digrignò le fauci spostando il grugno all’indietro per evitarsi le manate finch’esse non si acquietarono e poi cessarono lasciandogli l’ingrato compito di scarrozzarsi il morto sulle spalle finché non lo scaricò da un lato nella terra di nessuno in cui, ne era certo, i commilitoni non se lo sarebbero ritrovato finché non fosse stato tutto finito. Certo era che ci sarebbero voluti non più di una decina di minuti per mettere in ordine quel che Andrea aveva da sistemare e battersela in ritirata in dentro della propria trincea d’assi in legno e fango marcio. Col suo passo da gatto si diresse oltre l’angolo dove stava la batteria che doveva minare in cui stazionavano due sergenti che parlavano tra di loro in crucco. “quanto darei” sovvenne il pensiero a Andrea “per poterci capire qualcosa di quel che si dicono” ma quelle cose non gli entravano in testa proprio come non c’erano volute entrare le cose che gli facevano studiare alle elementari, che infatti aveva fatto solo per due anni prima di fare il pastore. E il brigante. E proprio da brigante il Regio Esercito lo voleva per servire la “Patria” che a lui non serviva, lì nel fango mentre strisciava contro i sergenti austro-ungarici tenendo il coltello in pugno perché, dopo tutto, ben sapeva che “meglio brigante ardito del brigante impiccato”. Tra l’altro, pensò mettendo mano alla granata che teneva appesa al cinturone, scampare alla guerra significava riuscire a farsi una vita al di fuori delle trincee mentre appesi per il collo si moriva. Non ci stava più niente dopo, per lui, e se anche la pratica del nuoto in quella fanghiglia schifosa gli scampava all’onore della forca per Andrea era ben accetta la fatica. Allungò la mano verso la granata che pendeva dalla cintura ed ebbe a considerar che, sebbene dovesse limitarsi a minare il pezzo d’artiglieria e a darsela a gambe, certamente far rumore una volta innescata la miccia non lo aiutava a sparire in silenzio. Certo che pure l’opzione di saltare addosso a quei due che parevan lì pronti per attenderlo neppure lo allettava, eppure sarebbe stata più silenziosa e breve rispetto alla terza via che gli si poneva di fronte, cioè aspettare che se ne andassero e intervenire al cambio di guardia successivo, accollandosi tutti i rischi da ciò derivanti. Le trincee austriache, se ce lo avevano mandato in alternativa alla forca e perciò in definitiva sperando che nell’arte di “render servizio alla Patria” (che poi lui lo sapeva, ciò significava ingrassare Cadorna e i sabaudi) si ammazzasse, gli era ben chiaro che non fossero il posto ideale in cui bazzicare magari per ore attendendo il cambio guardia. O, ancora peggio, presto sarebbe arrivato un altro assalto e avrebbero finito con lo scoprire comunque e passarlo a fil di baionetta, che non gli garbava più di tanto neppure quello. Andrea, appurato che aveva le fiamme sui calzoni, in di per cui era d’obbligo muoversi di tutta fretta, ebbe d’un lampo l’idea che, si disse, ne avrebbe salvato l’incursione: acquattato in un cantuccio fece due fischi profondi e tali da far fare attenzione ai due crucchi che se ne stavano accanto al pezzo d’artiglieria a guardare. Parlottarono tra di loro e poi, con orrore, il bandito d’Ogliastra ebbe a vedere che gli si avvicinavano entrambi convinti d’aver sentito un commilitone; serrò le mani attorno al coltello e si preparò a combattere, certo che l’avrebbe avuta salva anche stavolta.

Mattia Gioele Micheli 5UB