La locandina del musical

“I Promessi Sposi – Opera Moderna” è il brillante musical, nato dal genio di Michele Guardì e di Pippo Flora, che ne hanno rispettivamente curato la riduzione teatrale, la regia e la musica.

Di grande valore artistico e molto vicino al romanzo di Alessandro Manzoni, di cui sembra essere la perfetta trasposizione musicale, si divide in due atti e ha una durata di circa tre ore, che, tuttavia sembrano essere la metà, a causa dell’emozione che provoca nello spettatore. Le sue particolarità sono troppe per essere tutte analizzate, ma cercherò di commentarne le principali.

La musica è il cuore pulsante di quest’opera: orecchiabile, facile da seguire, ma non per questo di semplice composizione. L’orchestra sinfonica Nova Amadeus, diretta da Renato Serio, è affiancata dal coro polifonico Maria Grazia Fontana e dona vita alle numerose melodie, che spesso si ripetono all’interno dello spettacolo e che caratterizzano le diverse scene: drammatica, per esempio, è quella che accompagna la madre di Cecilia, mentre porta la figlia sul carro dei monatti; trionfante e rigorosa è quella che affianca l’Azzeccagarbugli, per sottolineare la giustizia incontestabile delle sue leggi; minacciosa e cupa è quella che introduce l’entrata del lanzichenecchi e che pone lo spettatore in uno stato d’ansia per la sorte di Renzo e di Lucia…

Per quanto riguarda i testi, ho già detto della loro vicinanza al romanzo di Manzoni: ci sono molte citazioni, che non si riducono solo alle espressioni più famose, come “ Verrà un giorno”, “ Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”…, ma costellano, inaspettatamente, tutta l’opera. I dialoghi rivisti da Guardì hanno lo scopo di porre l’accento su quelle che sono le grandi tematiche del musical: l’amore, visto come forza sempiterna dell’umanità, il potere, che annienta l’animo dell’uomo, come un parassita che prende il controllo della mente, la codardia delle persone che preferiscono sottostare a un padrone, piuttosto che incappare in problemi e la prepotenza di chi, sopraffatto dal potere, si paragona a Dio e elargisce la sua protezione a persone come lui. Benché i testi, che caratterizzano i momenti d’amore tra Renzo e Lucia, non siano di grande originalità, di grande impatto sono, invece, tutti gli altri, in particolare quelli di apertura e di chiusura: la prima canzone dell’opera mette in evidenza l’universalità dei temi contenuti nel libro di Manzoni, che potevano essere attuali nel 1600, come ai giorni nostri e ad esalta la forza dell’amore, che dona resistenza e perseveranza gli uomini; curiosa è la decisione di non introdurre il tema portante della potenza consolatrice di Dio nella canzone di apertura, insieme alle altre tematiche principali, ma di celebrarla solo alla fine, come chiusura di tutta l’opera: questa scelta, apparentemente involontaria, sembra contrapporre alle passioni terrene ( sete di potere, codardia, egoismo…) e l’amore, relativi agli uomini, il potere di Dio, in modo di trasmettere il messaggio che è Dio ad avere l’ultima parola sull’esistenza delle persone, è l’entità massima, ancora più forte e travolgente dell’amore.

La scenografia svolge un ruolo importante all’interno dell’opera, non tanto per il suo evidente scopo di contestualizzare l’azione, ma per la sua monumentalità e particolarità, che hanno contribuito al successo dello spettacolo: tre palchi rotanti si alternano al centro e sono affiancati da altri due blocchi e da una riproduzione della facciata, ancora in costruzione, del duomo di Milano. Grazie a un ampio uso di proiezioni, di fumogeni e a uno studiato sistema di luci, questa scenografia è riuscita a ricreare alla perfezione tutti gli ambienti: molto suggestivo è il duomo, ma da non ignorare sono anche le onde del lago, riprodotte attraverso i fumogeni, il paesino di Renzo e Lucia, che sembra veramente di vedere in uno scorcio della piazza principale, il palazzo dell’Innominato, che, nella sua semplicità, ha un aspetto davvero austero e il convento della monaca di Monza; ma la scenografia più riuscita è senz’altro quella della Milano appestata: lo spettatore ha la sensazione di respirare l’aria malsana e pesante di un ambiente popolato da moribondi e disperati e avverte tutta la drammaticità della situazione, ancora prima che gli attori entrino in scena.

Per concludere è doveroso dedicare qualche parola agli interpreti, che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, sono tutti altamente qualificati. Sembra essere di origine commerciale la scelta di introdurre nel cast la celebre accoppiata  Giò di Tonno – Lola Ponce, già consolidata nel musical Notre – Dame de Paris e vincitrice del Festival di San Remo 2008, ma, anche se fosse, il talento di entrambi è notevole: Giò di Tonno è un impensabile e cattivissimo don Rodrigo, che incute terrore e che rispecchia la personalità egoista e dissoluta del personaggio manzoniano; la sua mimica curata ed esasperata, per poter rendere meglio i momenti di terrore e spavalderia e la sua voce pastosa e potente donano a questo ruolo tutte le caratteristiche per essere verosimile e indimenticabile. Lola Ponce, di bella presenza e di voce piacevole, si è contraddistinta per una recitazione molto marcata, forse un po’ troppo esasperata e per una dizione non sempre perfetta, ma ha ben interpretato i momenti in cui la monaca rimpiange e invoca il suo amore per Egidio.

I protagonisti sono Graziano Galatone, Renzo e Noemi Smorra, Lucia, ma per parlare di loro, basta citare la famosa scena dell’Addio ai Monti, che ha invaso You Tube: le lacrime di commozione di lei e l’abbraccio stretto di lui hanno suscitato una grande emozione nel pubblico. La grande passione e la determinazione con cui hanno intrapreso questi ruoli sono stati il loro cavallo di battaglia, poiché la loro interpretazione è perfetta: soprattutto quella di Noemi Smorra, che è riuscita perfino a ricreare il carattere sommesso e fragile di Lucia, attraverso una voce, che sembra essere sempre velata dal pianto.

Altri quattro interpreti che si sono distinti per la loro bravura sono Antonio Mameli, Vittorio Matteucci, Chiara Luppi e Christian Gravina. Antonio Mameli e Chiara Luppi sono, rispettivamente, don Abbondio e la madre di Cecilia: il primo proviene dal mondo della lirica e la sua voce impostata e la sua mimica marcata contribuiscono a dare un aspetto buffo al curato del paese in cui vivono Renzo e Lucia; la seconda, grazie alla sua voce calda e potente, ha suscitato le lacrime di tutti gli spettatori. Vittorio Matteucci è l’Innominato: di grande coinvolgimento è la scene in cui sente i rimorsi crescergli dentro al cuore, perché mette in evidenza la natura di uomo che perde ogni sicurezza e che non conosce il modo per rialzarsi; Matteucci ha saputo dar vita alla paura dell’Innominato, dovuta al sentimento che prova per la prima volta, la pietà, che lo porta a rendersi conto del male provocato e dell’insensatezza della sua vita, esplodendo in canto disperato, accompagnato dalla voce di Lucia, che consacra alla Madonna la sua verginità. Un’altra scena carica di emozione è quella della conversione dell’Innominato, di cui, però, Matteucci non è il solo interprete: recita, infatti, insieme a Christian Gravina, un solenne Cardinale Borromeo. La voce potente di Matteucci e quella argentina di Gravina, creano un contrasto, che sembra amplificare l’effetto drammatico della situazione; la scena culmina con l’abbraccio tra i due , che dura poco più di cinque secondi, ma che rimane scolpita nella mente, tanto è forte e ricco di emozione: il Cardinale allarga le braccia e chiama a sé l’Innominato, come il padre che riaccoglie il figlio prodigo, che scoppia a piangere e stringe l’abbraccio, quasi a cercare un appiglio, che lo aiuti a rialzarsi.

Christian Gravina non interpreta solo il Cardinale Borromeo, ma gli è stato affidato anche il ruolo di fra’ Cristoforo, non si conosce il motivo di questa scelta, che probabilmente è di carattere economico, ma forse ha anche qualche connotazione di tipo simbolico: fra’Cristoforo e il Cardinale Borromeo sono, infatti, gli unici uomini di Chiesa, che nel romanzo di Manzoni, hanno deciso di dedicarsi a Dio per aiutare il prossimo, a differenza di don Abbondio e della monaca di Monza.

Potrei rimanere a parlare di questi incredibili attori e cantanti ancora per molto tempo, forse troppo tempo… non mi rimane altro, dunque, che invitarvi ad assistere a questo magnifico musical, che ha già lasciato un ricordo indelebile nella mente di migliaia di persone.

Roberta Maestri Classe IVLA